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Stress psicofisico e abbassamento delle difese immunitarie

L’evoluzione umana è avvenuta nell’arco di milioni di anni, spinta dalla necessità di renderci adatti a sopravvivere in un ambiente ostile per via della presenza di pericoli come predatori, carestie e malattie. L’esempio classico è quello del predatore che innesca nell’uomo una condizione psicofisica definita di “attacco o fuga”, nella quale una serie di reazioni fisiologiche comportano l’afflusso di sangue nei muscoli, aumentano la frequenza cardiaca, favoriscono la concentrazione.

Questo tipo di risposta è stata ed è tuttora utile per affrontare le difficoltà quotidiane. Tuttavia, la natura e l’entità dei problemi della vita moderna sono diverse: i pericoli sono meno gravi, ma la frequenza con cui le difficoltà si presentano è maggiore e l’organismo può non riuscire a recuperare tra uno stimolo e l’altro.

Il ruolo cruciale delle vitamine A e D per le difese immunitarie.
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Cos’è lo Stress psicofisico

Lo stress “stress psicofisico” è la risposta psicologica e fisiologica ad un eccesso di stimoli che causano uno stato di allerta a livello psichico, emotivo, fisiologico, cognitivo, affettivo e comportamentale.

La definizione di “stress” risale alla prima metà del secolo scorso, ad opera di Hans Selye, un medico austriaco che ha mutuato il termine dalla fisica, dove per “stress” si intende la tensione generata dalle forze a cui è sottoposto un oggetto. Selye lo impiegò per indicare la risposta dell’organismo a uno stimolo negativo definito “stressor”.

Seyle individuò una netta distinzione tra due tipi di stress:

  • Eustress, o “stress positivo”, che permette di attivare le energie fisiche e mentali necessarie per far fronte alle difficoltà;
  • Distress, o “stress negativo”, un malessere psico-fisico che perdura nel tempo, anche in assenza di stimoli stressogeni.

In base alla durata dell’esposizione agli stimoli stressogeni, lo stress psicofisico può quindi essere distinto anche in “acuto” e “cronico”.

Stress psicofisico acuto

Quando sottoposto a stimoli stressogeni, il nostro organismo risponde aumentando lo stato di allerta, che al suo apice prende il nome di “arousal”, con una conseguente iperattivazione del sistema nervoso centrale, periferico, simpatico, parasimpatico, cardiocircolatorio, respiratorio, immunitario ed endocrino (ormonale).

Negli animali come nell’uomo l’arosual viene raggiunto con un fine fisiologico preciso quando vengono richieste maggiori prestazioni psicofisiche come, ad esempio, una verifica, un esame, una competizione agonistica, l’attacco a una preda, durante una sfida o durante l’attività sessuale.

Stress psicofisico cronico

Lo stress cronico può avere natura intermittente o continua nel tempo. Nel primo caso gli stimoli stressanti sono limitati nel tempo, ma frequenti. Nel secondo caso, invece, gli stimoli stressanti perdurano in modo costante e duraturo nel tempo. Questo “bombardamento” di stimoli stressanti viene definito “sovraccarico allostatico”: in pratica l’organismo non ha il tempo di recuperare tra uno stimolo stressogeno e il successivo.

È importante notare che ci sono individui che, per motivi psicologici o biologici, percepiscono come stressanti anche stimoli che per altri non lo sarebbero. Per queste persone può essere difficile anche svolgere le normali attività quotidiane. Questa predisposizione è in parte genetica.

Per esempio, fra le persone più suscettibili allo stress troviamo i soggetti ansiosi, che anche quando devono affrontare eventi non particolarmente stressanti, li vivono comunque con ansia: si ritiene che in una percentuale variabile tra il 30 e il 50 per cento dei casi, l’ansia abbia una componente genetica.

Sindrome da adattamento generale

L’organismo risponde allo stress psicofisico cronico con la “sindrome di adattamento generale”, che consiste nell’attuazione dei meccanismi di adattamento e resistenza allo stress (resilienza).

La sindrome di adattamento generale si compone di tre fasi fondamentali:

  1. Allarme. In questa fase c’è un rilascio dei neurotrasmettitori adrenergici e noradrenergici, con possibili conseguenze quali: tachicardia, dispnea, disturbi digestivi, sudorazione, bocca secca, respiro affannato e altri.
  2. Resistenza. In questa fase, il sistema immunitario si indebolisce e l’organismo diventa più vulnerabile alle malattie infettive.
  3. Esaurimento. In questa fase il rischio di contrarre malattie infettive è sempre più elevato, il cervello e gli organi vitali sono messi a dura prova dall’esaurimento nervoso.

Cause e sintomatologia dello stress psicofisico

Le cause scatenanti lo stress psico-fisico sono molteplici e purtroppo spesso si sommano perché correlate a diversi aspetti della vita quotidiana. Solo per citarne alcuni, senza pretesa di esaustività, possono riguardare:

  • la vita privata (un lutto o un divorzio);
  • l’attività lavorativa (perdita del lavoro o carichi di lavoro eccessivi);
  • lo stato di salute (malattie o abuso di sostanze come tabacco, alcol, stupefacenti);
  • i fattori ambientali (ambienti troppo rumorosi, troppo caldi o troppo freddi);
  • gli eventi naturali (catastrofi naturali o epidemie)

L’esposizione cronica a questi ed altri stimoli stressanti è base dello stress psicofisico e, se protratta nel temo, può causare disturbi psicologici e fisiopatologici.

Le possibili manifestazioni dello stress psicofisico sono molte e varie, con sintomi che possono essere fisici, cognitivi e comportamentali. Farne un elenco dettagliato esula dagli obiettivi di questo articolo, soprattutto perché la valutazione di tali sintomi non può essere affidata al soggetto stressato in quanto molti di essi potrebbero essere causati da altre patologie, pertanto nel caso si sospetti un disturbo da stress psicofisico è sempre opportuno parlare dei sintomi con il proprio medico, che saprà poi valutare caso per caso l’intervento più adatto, consigliando cambiamenti nello stile di vita, indirizzando verso una psicoterapia e/o impostando una terapia farmacologica.

Stress psico-fisico e abbassamento delle difese immunitarie

Il rapporto tra stress psico-fisico e difese immunitarie è stato studiato per la prima volta alla fine del secolo scorso. Da allora, molti passi avanti sono stati fatti ed è ormai riconosciuta la correlazione tra stress cronico e difese immunitarie.

La relazione tra stress psicofisico e difese immunitarie basse è molto complessa e, in parte, non ancora del tutto nota. Tuttavia, appare evidente che uno stress psicologico o fisico, se protratto nel tempo in modo cronico, sia spesso associato ad abbassamento delle difese immunitarie.

L’attività di ricerca in questo campo ha individuato tre aspetti particolarmente interessanti:

  • Lo stress psicofisico indotto sperimentalmente ritarda la produzione di anticorpi e sopprime l’attività dei linfociti T;
  • Lo stress psichico può essere ancora più deleterio di quello fisico;
  • Anche l’isolamento sociale può abbassare le difese immunitarie.

Alle difese immunitarie basse corrisponde un aumentato rischio di incorrere in patologie infettive, disturbi cutanei e infiammazione delle mucose. Apparentemente questo avviene principalmente mediante il cosiddetto “asse ipotalamo-ipofisi-surrene” che, attivandosi a seguito di eventi interpretati dall’organismo come stressanti, produce il cortisolo. Se protratto nel tempo, l’aumento dei livelli di cortisolo induce effetti immunosoppressivi simili quelli dei farmaci corticosteroidi (cortisone).

Il cortisolo, così come il cortisone, agisce sul timo, dove vengono prodotti i linfociti, inibendo la produzione di citochine e interleuchine, che stimolano e coordinano l’attività dei globuli bianchi. Tali effetti possono essere la causa delle difese immunitarie basse nei soggetti sottoposti a stress cronico.

Infine, anche alterazioni del ciclo sonno-veglia, che l’organismo interpreta come stressanti, possono alterare la funzionalità del sistema immunitario. Dormire poco o male, infatti, può essere causa di abbassamento delle difese immunitarie.

Gestire lo stress

È evidente che per contrastare l’abbassamento delle difese immunitarie messe a dura prova dallo stress psicofisico bisogna ridurre al minimo gli stati di tensione.

Il primo passo però è riconoscerli e analizzare razionalmente il contesto in cui si vive, tanto in ambito lavorativo quanto famigliare.

Il secondo passo è analizzare il modo in cui si reagisce ad essi. Laddove non si possa cambiare il contesto, a volte basta cambiare il modo di reagire ai fattori stressanti per migliorare lo stato di benessere. In molti casi possono essere utili tecniche di rilassamento, come la meditazione e la mindfulness, ma nei casi sintomatici è necessario ricorrere al consulto medico e/o alla psicoterapia.

Conclusioni

In conclusione, se uno stress moderato e di breve durata può avere un impatto positivo sulle prestazioni mentali e fisiche, lo stress psicofisico cronico causa un abbassamento delle difese immunitarie, predisponendo il soggetto a patologie infettive, sia virali che batteriche.

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